DCA: CONSIGLI X FAMILIARI E AMICI
Quando ci si trova di fronte ad una persona che soffre di un disturbo alimentare, indipendentemente dal fatto che questa sia già in terapia o meno, viene naturale porsi delle domande sul come devono essere gestiti molti aspetti della vita di ogni giorno.
Cosa fare di fronte ad un partner che si abbuffa? Bisogna costringere o no una figlia a mangiare? Bisogna far notare ad un amico che sta aumentando troppo di peso? Come regolarsi in casa con i problemi della spesa, della preparazione dei cibi, della loro assunzione, ecc? Cosa fare se si scopre che la figlia fa uso di farmaci come lassativi o diuretici?
Spesso i genitori, i parenti, i partners, o gli amici di queste persone cercano di risolvere i problemi cercando di modificare, o controllare, il comportamento dei loro cari. Eppure, questo tipo di strategie non funzionano mai! Infatti, non appena il controllo si indebolisce, e se non si è cercato di modificare la motivazione al cambiamento della persona malata, il suo comportamento tende ben presto a ritornare come prima (talora addirittura peggiorato).
In realtà, la maggior parte delle reazioni che si hanno di fronte al disturbo di un familiare o di un amico che soffre di un disturbo alimentare, nascono da una comprensibile reazione ai sentimenti di impotenza, frustrazione, inutilità, rabbia, che queste persone suscitano nei soggetti che li circondano.
Questi sentimenti sono reazioni naturali e comprensibili che tutti proviamo (anche noi terapeuti) di fronte a problemi su cui sentiamo di non avere controllo. E visto che uno dei principali problemi di una persona che soffre di un disturbo alimentare è proprio un problema di controllo (queste persone sono costantemente angosciate dalla ossessione del controllo del peso e del proprio aspetto fisico, dalla paura angosciosa di perderlo, o dalla rabbia per non riuscire ad averlo), pensare di poterli battere in una partita sul controllo è una battaglia persa in partenza. Ecco allora che bisogna escogitare qualche formula per sopravvivere emotivamente ad un caro, o un familiare, che soffre di un disturbo alimentare, nell’attesa che la terapia dia i suoi risultati. È opportuno che i familiari e gli amici del soggetto possano talvolta partecipare alle sedute per affrontare eventuali difficoltà come argomento della terapia. Si deve cercare, per quanto possibile, di evitare che i comportamenti sintomatici del paziente con cui si convive condizionino le vostre reazioni emotive, vi generino ansia o depressione, o vi portino a trascurare le vostre normali occupazioni (se questo accade è meglio farsi aiutare da un terapeuta), in quanto solo salvaguardando il vostro benessere e la vostra autonomia emotiva potrete essere realmente di aiuto alle persone che amate, sane o malate che siano.
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