TRATTI COMUNI NEI DISTURBI ALIMENTARI
Lavorando sempre più frequentemente con persone che soffrono di un disturbo alimentare, che sia anoressia, bulimia (sempre più rare da trovare allo stato puro, per lo meno nel mio studio), alimentazione compulsiva o un semplice rapporto difficile col cibo, mi sorprende come si possano riscontrare dei tratti assolutamente comuni a tutte le sintomatologie e le diverse manifestazioni del problema. Per prima cosa ho osservato una generale incapacità a vivere il presente: ci si fascia la testa prima di romperla, si pensa a come starò tra 10-20 anni, cosa farò, come sarò, eccetera. Oppure si rimane ancorati al passato, spesso fatto di sofferenza e dolore, di una storia difficile o di delusioni e rimpianti e non si è in grado di metterci pietra sopra e voltare pagina. Vivere il qui e ora, concentrarsi sull’oggi, sui problemi che ci sono in questo momento, su come sto adesso, a prescindere da come andrà avanti la mia storia, senza pensare a cosa ci stava prima o a cosa verrà dopo, sembra un impresa impossibile un esercizio che non si riesce proprio a fare.
Un’altra difficoltà riguarda l’incapacità a vedere le sfumature di grigio: le cose sono tutte bianche o tutte nere, non esistono le vie di mezzo o le possibilità di compromesso. Questo significa che, nella vita di tutti i giorni, queste persone sono molto severe con se stesse e poco propense a perdonarsi, ad essere accoglienti e ad andare avanti anche se le cose vanno un po’ storte. Ad esempio, se oggi è stata una giornata particolarmente difficile e stressante, e tu hai un rapporto conflittuale col cibo, è normale che stasera abbia voglia di forti dosi di cioccolato e magari ne mangi mezza tavoletta. Invece, per chi ha un disturbo alimentare, questo è inconcepibile, significa prendere la strada cattiva, non si è in grado di passarci sopra, darsi una pacca sulla spalla e dirsi “vabhè, oggi è andata così, domani andrà meglio e non avrò debolezze”, no invece domani andrà peggio perché la persona in questione si sente in colpa e perdente, non si reputa capace di rimettersi in carreggiata e, pentita, inizia a rotolare come una valanga, sempre più in basso nel baratro del disturbo.
A questo si lega la stupefacente capacità di autosabotarsi: per qualche remoto e recondito motivo, le persone con Dca non riescono a volersi bene davvero, a volte fanno di tutto per far andar le cose male, a parole cercano aiuto e vogliono salvarsi, ma poi sbagliano mossa e così “scacco matto”, tutto va a rotoli! Non che lo facciano coscientemente, è un movimento inconscio che porta a farsi del male anche se si vorrebbe fare altrimenti. Ma insieme, grazie ad un percorso terapeutico, è possibile provare a capire da dove arriva questa eccellente ma indesiderata capacità di autosabotarsi, o quantomeno perché oggi esiste questo modo di funzionare, che in fondo fa soffrire e fa star male.
Se vi ritrovate in queste caratteristiche, non preoccupatevi, non è grave, se ne può uscire insieme!
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