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ALIMENTAZIONE NORMALE O NO?

ALIMENTAZIONE NORMALE O NO?

Cosa significa mangiare in maniera normale? Esiste una alimentazione corretta e normale e una no? Il termine “normale”, nel senso comune e ancor più per la psicologia, appare sempre molto difficile da definire e, proprio per questo motivo, si finisce sempre con il descrivere dei quadri di riferimento convenzionali che, a seconda del tema trattato, vengono utilizzati come standard ai quali tendere nel momento in cui si ricerca uno stato di benessere, di salute. Il discorso è certamente delicato in quanto si rischia di far passare tutto quanto esce dalla categoria designata “normale” come “non normale”, “a rischio” o, addirittura, “patologico”. In questo senso, sarebbe bene tenere sempre presente che le dicotomie rappresentano solamente il nero e il bianco di un continuum in cui, in realtà, nel mezzo sono presenti un’infinità di sfumature di grigio. Ignorare questa complessità, insita nel genere umano e non solo, rischia di farci sentire diversi ogni qualvolta non ci riconosciamo come appartenenti alle categorie elette a rappresentazione della normalità. Nell’ambito specifico dell’alimentazione, per esempio, ci possono essere 4 modalità, pattern caratteristici, che molto frequentemente si riscontrano nelle persone che riescono o non riescono ad alimentarsi in modo funzionale alla propria salute fisica e mentale. Queste 4 tipologie, descritte dall’autrice Linda W.Craighead, psicologa esperta in psicopatologia dei disturbi alimentari, servono ad orientare la nostra attenzione sulla presenza di specifici comportamenti che rendono difficile per una persona instaurare un rapporto sereno col cibo e col peso corporeo.

  1. MODALITÁ NORMALE: questo modo di alimentarsi, secondo la Craighead, è quello a cui si dovrebbe tendere per poter controllare senza preoccupazioni il proprio peso. La caratteristica principale di chi si alimenta in questo modo è la capacità di mangiare quando non si ha troppo appetito e fermarsi  quando si è raggiunto un livello di sazietà moderato. Molto semplice, vero? in realtà non è proprio così: nella società in cui viviamo, la continua disponibilità di cibo, fa sì che molto frequentemente ci ritroviamo a mangiare anche quando non ne avremmo bisogno e, soprattutto, tendiamo a superare le quantità necessarie al nostro fabbisogno.
  2. SOVRA-ALIMENTAZIONE NORMALIZZATA: coloro che continuano a mangiare anche quando hanno superato un livello moderato di sazietà. Questo accade soprattutto in situazioni sociali o in ambienti in cui il cibo è facilmente disponibile. Quando siamo in compagnia di altre persone, infatti, risulta molto difficile rifiutare il cibo senza risultare scortesi o senza assicurarsi le attenzioni di chi, immediatamente, si prodiga per offrirci da bere e da mangiare. Tutto ciò aumenta il rischio di sovra-alimentarsi anche quando non si è in un contesto pubblico, in quanto si perde la consapevolezza dei propri segnali corporei di fame e sazietà.
  3. MODALITÁ DELL’ ALIMENTAZIONE LIMITATA: per alimentazione limitata/ristretta si intende il rifiuto di alimentarsi quando si ha fame o il rifiuto di un particolare cibo che desidereremmo mangiare. Questa modalità si basa soprattutto sulla forza di volontà necessaria a “resistere” ai cibi desiderati e, ancor di più, alla fame biologica. Si tratta di un sistema che crea un grosso senso di deprivazione, una preoccupazione continua nei confronti del cibo (e, di conseguenza, un pensiero ossessivo verso ciò che si dovrà/non si dovrà mangiare) e che apre le porte al rischio della perdita del controllo, con conseguente abbuffata.
  4. MODALITÁ “BINGE-EATING” (ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA): si tratta di una modalità che prevede il consumo di grosse quantità di cibo o di minori quantità di alimenti considerati “proibiti”. La persona vive spesso questi episodi di abbuffata in uno stato di perdita di controllo e, quindi, sentendosi incapace di fermarsi. Di solito l’episodio termina quando il soggetto si sente spiacevolmente pieno o quando qualcun altro lo interrompe. Purtroppo, la conseguenza derivante dal mantenere questo pattern alimentare, risiede nel determinare un abbassamento dell’autostima di chi ne è soggetto. La perdita di controllo sperimentata da chi pratica le abbuffate, mina il senso di auto-efficacia personale e crea un forte disagio. L’innesco di queste emozioni negative, tuttavia, non fa altro che rendere più probabile una successiva abbuffata, in un circolo vizioso che si auto-alimenta.

Nel descrivere questi pattern, l’autrice sottolinea come sia possibile riconoscersi in uno soltanto di questi oppure passare da una modalità all’altra nel corso del tempo. Di solito, più spesso si percorre una certa strada, più facilmente la si sceglierà in futuro. Questo è anche il presupposto a partire dal quale si cerca di ristabilire una modalità di alimentazione “normale”: anche se all’inizio potrà sembrare difficile, una volta instaurata una certa automaticità, tutto filerà liscio senza sforzo. Se vi riconoscete significativamente al di fuori della modalità normale, potete valutare se è il caso di approfondire con un professionista questo tema (Fonte: Dr.ssa Elettra Paolini).

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