ANORESSIA: TESTIMONIANZA
Nell’anoressia e nei disturbi alimentari ci sono pensieri, idee, funzionamenti mentali assolutamente identici in tutti i casi che si incontrano. Oggi vi propongo alcune riflessioni tratte da una testimonianza di una persona che ha lottato a lungo con l’anoressia, con le abbuffate, con la speranza che sapendo di non essere i soli e gli unici ad avere questi problemi, siate anche ottimisti di poterli risolvere, visto che tanti prima di voi ce l’hanno fatta!
“Attribuisco al cibo un significato sbagliato, spesso lo utilizzo come un sedativo, un modo per non pensare a nient’altro. E’ come se restare malata, con la mia anoressia come compagna fedele, mi permettesse di non dovermi occupare di tutte quelle cose che mi spaventano. Ho paura di affrontare quello che mi fa stare veramente male, per cui evito di occuparmene attraverso i problemi alimentari. E’ come se i sintomi mi occupassero tutto il tempo, i pensieri, la mente, mi permettessero di non pensare. La mia testa è dominata da pensieri quali “Tutto o niente”, “Meno mangio meglio sto”, classifico il cibo come sano o cattivo, controllo tutto ossessivamente, controllo il peso e il corpo in maniera angosciata, ho un forte desiderio di perfezione rivolto al corpo e alla qualità della vita. Essere insoddisfatta di me stessa e della mia vita è come se mantenesse presente il meccanismo dell’abbuffata e del sintomo. L’anoressia e il disturbo alimentare nascondono un disagio profondo: attraverso il rifiuto del cibo o l’abuso di esso si vogliono esprimere emozioni, stati d’animo, pensieri, che non si riescono a buttar fuori a parole o in modo diverso. Poi questo meccanismo portato avanti nel tempo si radica nella persona, che arriva a definire automatici certi comportamenti e certe modalità di gestione delle emozioni, come se fossero al di fuori del proprio controllo. Il sintomo, l’anoressia, aiuta a resistere, a sopravvivere alle difficoltà, è come se fosse un modo per sopportare tante situazioni scomode e tante emozioni intollerabili”.
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