EMERGENZA COVID-19
Cosa possiamo fare in questo periodo? Quali sono le parole chiavi che possono guidarci durante questo periodo di emergenza Covid-19? La prima è audacia: essere audaci significa mettere da parte la tristezza e pensare, cioè capire, leggere il caos, inventariare i mostri mai visti, dare nome a fenomeni mai vissuti, guardare negli occhi verità schifose e, dopo che hai fatto tutto questo, prenderti il rischio micidiale di dare a tutti qualche certezza. Al lavoro dunque, ognuno nella misura delle sue possibilità.
Stiamo facendo pace con la civiltà digitale: l’abbiamo fondata, poi abbiamo iniziato a odiarla e adesso stiamo facendo pace con lei. La gente, a tutti i livelli, sta maturando un senso di fiducia, consuetudine e gratitudine per gli strumenti digitali che si depositerà sul comune sentire e non se ne andrà più. Una delle utopie portanti della rivoluzione digitale era che tutti gli strumenti digitali diventassero un’estensione quasi biologica dei nostri corpi e non delle protesi artificiali che limitavano il nostro essere umani: l’utopia sta diventando prassi quotidiana. In poche settimane copriremo un ritardo che stavamo cumulando per eccesso di nostalgia, timore, sospetto o semplice fighetteria intellettuale.
Chiunque si è accorto di come gli manchino terribilmente, in questi giorni, i rapporti umani non digitali. Capovolgete questa certezza: vuol dire che ne avevamo un sacco di rapporti umani. Mentre dicevamo cose tipo “ormai la nostra vita passa tutta dai device digitali”, quello che facevamo era ammassare una quantità indicibile di rapporti umani. Ce ne accorgiamo adesso…Tutto questo ci sta insegnando che più lasceremo srotolare la civiltà digitale più assumerà bellezza, valore, importanza e perfino valore economico tutto ciò che ci manterrà umani: corpi, voci naturali, sporcizie fisiche, imperfezioni, abilità delle mani, contatti, fatiche, vicinanze, carezze, temperature, risate e lacrime vere, parole non scritte, odori, e potrei andare avanti per righe e righe. L’umanesimo diventerà la nostra prassi quotidiana e la nostra ricchezza: guardate la furia con cui lo desideriamo ora che un virus l’ha preso in ostaggio, e vi passerà ogni dubbio.
L’emergenza Covid-19 ha reso di un’evidenza solare un fenomeno che vagamente intuivamo, ma non sempre accettavamo: da tempo, ormai, a dettare l’agenda degli umani è la paura. Abbiamo bisogno di una quota giornaliera di paura per entrare in azione. Adesso il virus copre il nostro intero fabbisogno, e infatti chi è più spaventato dagli immigrati o dal terrorismo o dagli effetti dei videogames sui figli o dal glutine? Ma anche solo venti giorni fa ne avevamo un gran bisogno, di quelle paure. Le coltivavamo come orchidee. In alcuni momenti di carestia ci siamo fatti bastare un’emergenza meteo o una possibile crisi di governo. Sappiamo ormai giocare solo coi pezzi neri di una scacchiera: se prima la paura non muore, non abbiamo strategia. Volevo invece ricordare che noi siamo vivi per realizzare delle idee, costruire qualche paradiso, migliorare i nostri gesti, capire una cosa di più al giorno, e completare, con un certo gusto magari, la creazione. Cosa c’entra la paura? La nostra agenda dovrebbe essere dettata dalla voglia, non dalla paura. Dai desideri. Dalle visioni, non dagli incubi. (forse uno psicologo serve proprio a cambiare questa agenda?!?)
(Fonte: Alessandro Baricco, da ‘La Repubblica’, 26 Marzo 2020)