ANORESSIA: TESTIMONIANZA
Oggi ascoltiamo le parole testimonianza di Pulce, passata dalle profondità dell’anoressia, alla lotta, a una vita migliore, grazie al coraggio di farsi aiutare!
“Sento gli occhi della gente fissi su di me, ma non è così, so che ognuno in questo momento si sta facendo i propri affari e la mia presenza non fa rumore. So che è così ma nonostante tutto mi sento osservata. Il mio sguardo è rivolto al marciapiede, passa velocemente tra una persona ed un’altra. Un profumo rompe l’aria… pane appena sfornato. Sveltisco il mio passo, devo andare più lontano possibile da quel profumo nauseabondo.
E la gente, quando ha saputo che avrei avuto una visita in una clinica mi domandava: “Ma sei sicura che sia il caso di andare in una casa di cura? Non sei così magra. Quando ti avevano ricoverato eri scheletrica, adesso no” ,” Davvero? Una soluzione così? A me non sembra più il caso di ricorrere a questa soluzione, stai molto meglio adesso. Mangi pure.”
E invece no cavolo. Loro non sanno. Ho la guerra dentro, ho il dolore intrappolato dentro tra una costola e l’altra. Cosa importa se adesso non sono più X chili? Cosa importa se adesso sono due anni che sembro tranquilla?
Tranquilla io? No. Nessuno sa dei miei sacrifici per mantenere questo peso e non ingrassare, nessuno sa quanto vorrei stare bene con me stessa ma non ce la faccio. Nessuno sa quanto fa male non poter partecipare alle feste di famiglia a causa di un malessere interiore. Pochi sanno e tanti parlano.
Ho paura si, ho paura. Ho chiesto aiuto, ma davanti all’idea di dover affrontare i mostri che ho dentro mi chiudo sempre di più. Ho chiesto aiuto perché la malattia mi ha sfinita. Ho chiesto aiuto perché vorrei ricominciare a sorridere. Ho chiesto aiuto perché da sola non ce la faccio più.
Nonostante il tempo, tutto continua. Mi chiedo che fine abbia fatto la mia grinta, Quella che due anni fa voleva spaccare il mondo e la malattia. Sono rimasta io, sola, con l’anoressia. Ogni giorno mi odio, odio Lei. Odio la fame, la stanchezza, l’irritabilità, la mancanza di entusiasmo, l’insonnia, le ossessioni, le ossa, gli specchi, le calorie. Odio essere così triste, odio scoppiare a piangere ogni giorno tra le braccia di mia madre. Nonostante tutto questo odio, non riesco a districarmi dalle corde della malattia. A volte le sento così strette al collo fino a togliermi il fiato. Grido piangendo, urlo che voglio stare meglio, che sono stanca, che non ce la faccio davvero più. Vorrei uscire da questa trappola, voglio uscire da questo schifo, ma da sola non ce la faccio. Non so spiegare come sono state queste ultime settimane: giorni di crisi, fame ventiquattro ore su ventiquattro, insonnia, giorni in cui avrei voluto svuotare tutta me stessa, giorni di rabbia, giorni di restrizione, giorni di calcoli calorici, notti di incubi, notti eterne, notti affamate, giorni di attività fisica, giorni di stanchezza, giorni di lacrime.
Poi si arriva ad un punto in cui si capisce che il vero problema non è il peso, non è il cibo, non è quel corpo sacrosanto che abbiamo deciso di martoriare…il problema è cosa sta dietro a quelle lacrime che scendono davanti all’ immagine distorta che lo specchio riflette, davanti a quel piatto di pasta che sembra troppo unto e grande .
E non si riesce ad individuare quel fattore scatenante, quegli eventi dai quali abbiamo dovuto proteggerci con la malattia, che è una risposta a volte ad un senso di abbandono, di vuoto.
Però è ora di crescere, di capire che siamo persone oltre la malattia, uniche e insostituibili.”
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