DISMORFISMO CORPOREO
Molte persone che hanno un rapporto complicato con l’alimentazione spesso soffrono di dismorfismo corporeo, cioè di una percezione distorta tra come il corpo è nella realtà e come il corpo appare ai propri occhi. Oggi vi riporto una testimonianza sul rapporto tra corpo che abbiamo e corpo che percepiamo:
“C’è il corpo che ho e poi c’è quello che percepisco.
C’è il corpo che tutti vedono e poi c’è quello che vedo io quando mi guardo allo specchio, quando mi vesto o quando mi alzo al mattino e scelgo cosa indossare.
C’è un corpo materia che posso toccare, che gli altri possono abbracciare e a cui tante volte ho fatto del male.
C’è poi un corpo astratto che nasce e prende forma dalle immagini, dalle frasi e dalle emozioni che si rincorrono nella mia mente.
Questo è il corpo che nessuno vede ma che io sento come reale. È questo il corpo che sento quando mi guardo allo specchio.
Dicono che lo specchio mente, che non devo dargli retta, ma questo corpo io lo vedo, lo sento. Questo corpo io lo tocco.
Come posso non credere alle sembianze di questo corpo che mi sembra così reale?
Faccio un passo e poi un altro, sempre più vicina a quella superficie trasparente, ma nel suo riflesso argentato non mi riconosco. Un altro ancora e mi ritrovo a un respiro di distanza, ma il mio naso non lo incontra.
Chiudo gli occhi e immagino una casa senza specchi, senza riflessi e senza ombre.
So che non è lo specchio a farmi male né il suo riflesso, ma tutto ciò che ci porto io dentro quello specchio.
Per capire che quello che vedevo non era reale l’ho dovuto rendere tale, mi sono dovuta sedere a tavolino con tutti quei pensieri e parlarci, ad uno ad uno. Io seduta su una sedia, loro su un’altra.
Inizialmente restavo in silenzio, prendevo tutto ciò che mi dicevano e lo eseguivo.
Come una barca in balia delle onde, non riuscivo a riprendere il timone e mettermi alla guida.
Poi ho imparato a conoscermi, ad accogliermi e a guardare dentro a quel riflesso.
E ora so quali domande farmi quando arriva quella voce. Ora so che arriva quando sono più vulnerabile, so che mi accarezza le ferite, ma finge e mi promette falsamente che riempirà i miei vuoti e mi farà compagnia, così non dovrò sentirmi così sola.
Ora so che quei vuoti posso guardarli e ascoltarli mentre mi raccontano la mia storia.
Mi guardo allo specchio: appeso alle guance c’è un sorriso.
È il sorriso di chi questa volta prenderà il timone e si rimetterà alla guida.” (Fonte: animenta_dca)
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