IL COMPITO DELLA TERAPIA NEI DISTURBI ALIMENTARI
Anoressia, bulimia e alimentazione incontrollata: disturbi nel concetto di sé e nel modo di percepire e concettualizzare le esperienze giocano un ruolo di primo piano nella malattia. Queste persone, soffrendo di una profonda insoddisfazione nei confronti di se stesse e della loro vita, trasferiscono tale insoddisfazione sul proprio corpo. Il corpo viene allora trattato come un qualcosa di estraneo che bisogna proteggere dal pericolo di diventare “grasso” (o di perdere il grasso nel caso del binge eating disorder), cosa che questi soggetti ottengono attraverso una disciplina eccessiva e un superautocontrollo (o viceversa una totale mancanza di controllo e una vita fatta di sensi di colpa). L’espressione del disagio si manifesta con l’inaccuratezza della percezione e del controllo delle sensazioni corporee, la confusione circa i propri stati emozionali e una grande paura della disapprovazione sociale e del giudizio. La ricerca accanita della magrezza o il rifugio dietro al grasso possono essere visti come il tentativo di camuffare i problemi sottostanti.
Lavorando con queste persone, ho ricavato l’impressione che la loro vita si basi su alcuni falsi concetti che bisogna rendere espliciti e correggere in psicoterapia. Nel profondo, ogni individuo con un disturbo alimentare è convinto di essere fondamentalmente inadeguato, di poco valore, mediocre, inferiore e disprezzato dagli altri, mentre all’esterno possono mostrare una facciata di perfezione apparente. Vive in un mondo immaginario assunto come reale, dove avverte che la gente intorno a lui, dalla famiglia al lavoro, lo guarda dall’alto in basso con disapprovazione, pronta a criticarlo appena possibile. Tutti i suoi sforzi, il suo lottare per raggiungere una magrezza eccessiva o il suo rimanere nascosti dietro strati di ciccia o dietro la “consolazione” del cibo, sono diretti a mantenere nascosta la pecca fatale della sua fondamentale inadeguatezza e la sua insoddisfazione generale.
La psicoterapia è necessaria per lavorare su questi aspetti. La terapia ha il compito complesso di aiutare i pazienti a spezzare un circolo chiuso fatto di pensieri, esperienze e comportamenti distruttivi e negativi. All’inizio le persone con un disturbo del comportamento alimentare sono riluttanti ad abbandonare la “sicurezza” della loro esistenza da cadaveri o da obesi. Sentono di aver trovato, grazie all’estrema magrezza o al mangiare troppo, la soluzione perfetta di tutti i loro problemi, una soluzione che li fa sentire meglio, anche se spesso sono consapevoli che non sia positiva. Solo con riluttanza accettano di prendere in considerazione quei falsi assunti di base che sono all’origine di questa pseudosoluzione autoingannevole. Compito della terapia è aiutare la persona nella ricerca della sua vera identità, suscitando la consapevolezza dei sentimenti, dei desideri e dei bisogni personali. Chi soffre di un disturbo alimentare va aiutato a scoprire che le sue convinzioni sono erronee, così da riconoscersi come soggetto che ha un proprio valore intrinseco, al di là del peso, del corpo, del cibo. Il paziente ha bisogno di esplorare attivamente e di comprendere quanto sta accadendo dentro se stesso. Una relazione terapeutica che abbia senso può stabilirsi solo quando il terapeuta si trova in accordo con quanto la persona che ha di fronte dice e sperimenta. La persona con anoressia, bulimia o disturbo da alimentazione incontrollata può fare grandi miglioramenti e assumere uno stile di vita meno sofferto quando si sviluppa una relazione calda e ricca di umanità con me terapeuta, e quando il nostro scambio verbale possiede l’apertura e la franchezza della conversazione normale e sincera.
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