LA DIPENDENZA DA CIBO
La domanda di una cura disintossicante per il tossicomane mostra una logica ricorrente sottostante che la riporta il più delle volte al suo punto di partenza.
- “Io mi drogo e soffro nel drogarmi.
- Vorrei smettere.
- Perciò desidero una cura disintossicante”.
- Trova una risposta favorevole.
- Durante la cura, egli esprime la sua sofferenza: “questa cura io l’ho voluta, ma ciononostante io soffro di astinenza.
- Dal momento che soffro di astinenza, datemi un sostituto.
- Ma evidentemente non me ne date abbastanza dal momento che soffro.
- Il sostituto non è mai abbastanza potente, a meno che non sia rimpiazzato dalla…droga.
- 0 1. Mi drogo … mi drogo”.
Questo circuito descritto a proposito del tossicomane in realtà è molto simile alla dipendenza da cibo, nella bulimia e binge. La persona vorrebbe smettere di abbuffarsi, cosa per cui soffre a causa dei sensi di colpa, della vergognosa sensazione di mancanza di controllo, del peso eccessivo. Ma non basta la volontà e la decisione di smettere, a volte non basta nemmeno una cura. Perché si entra nello stesso circolo vizioso, di sindrome da astinenza: il cibo aveva la sua funzione, quale che essa fosse, di lenire l’ansia, di consolare, di strumento contro l’angoscia, di far dimenticare il resto, eccetera. Venendo a mancare il meccanismo consolatorio del cibo, la persona soffre, anche se è in cura fatica a trovare altri modi per lenire l’ansia e tollerare le sue emozioni, non trova un sostituto valido e abbastanza potente, continua a soffrire, questo crea rabbia, quindi ritorna sul cibo, l’unica sostanza che conosce come aiuto alla sua psiche affaticata. E così rientra nel circolo, e sentendosi ancora più in difetto per esserci ricaduta, riprende a “farne uso” anche con maggior accanimento, sempre più deluso da se stesso e allo stesso tempo sempre più bisognoso di cibo per sentirsi meglio, e poi di nuovo peggio e così via.
Come interrompere questo doloroso gioco senza fine? Può essere utile imparare attraverso una terapia a convivere con i sentimenti negativi, a imparare come gestirli. Ma soprattutto essere consapevoli che uscirne è difficile, da soli praticamente impossibile, che ci vuole tempo e pazienza, che è facile rientrare nella logica ricorrente del tossicomane, serve la capacità di sapersi perdonare se non si riesce a uscire dal circolo fallimentare. Bisogna sperimentare nuove modalità di relazione -in primis quella terapeutica- che facciano riscoprire cosa significa star bene, smettendo di considerare solo il cibo l’oggetto e il destinatario di qualsivoglia emozione.